Me lo avete chiesto più volte, adesso ho creato questo blog solo per noi. Chissà se questa volta vi verrà voglia di pasticciare un po' con internet.
venerdì, luglio 01, 2011
martedì, maggio 10, 2011
OECD Survey on Italy, May 2011. Ce l'abbiamo fatta? Si, forse, no?
OECD published its periodical Survey on Italy's Economy. All the Italian newspapers and TVs announced that "we made it", we survived the 2009 crisis. Is it really what the Survey says? I decided to go on and checked the original document, available at the attached link. We did survive, but recovering is not just the same. Moreover, the policies our Government introduced, or did not introduce, are cutting future possibilities. The Survey insists on the poor quality and quantity of our Universities' graduates, and on our Environmental policies. If Italya does not decide to invest both in tertiary education and in sustainable environmental policies, Italy is destined to decline.
Scarica il rapporto
lunedì, maggio 09, 2011
martedì, aprile 26, 2011
venerdì, aprile 22, 2011
Scrivere il business plan è una perdita di tempo?
Anche noi spesso ci domandiamo se il bp sia in effetti l'unico strumento utile per "raccontare il progetto" di impresa. Già a Oslo, nel lontano 2006, al convegno europeo sullo spirito imprenditoriale, una imprenditrice indiana diceva che per lei il business plan era solo carta, che prima di avviare una attività si sarebbe piuttosto rivolta al resto della comunità di imprenditori indiani, per avere informazioni e consigli. Noi spesso siamo di fronte a beneficiari che sono in difficoltà se si chiede loro di "scrivere" la loro idea, ma soprattutto di "verificare" il più possibile le opportunità dell'idea.
Nella sua risposta Grove sottolinea l'importanza comunque del bp, perchè è vero che sono tutte supposizioni, ma soprattutto per chi ha pochi soldi da investire, non è possibile "sbagliare" il bersaglio anche di poco. Secondo lei un piano di impresa ben fatto si basa su delle supposizioni, ma "giustificate". Si possono fare indagini di mercato a basso costo senza per forza investire nella "produzione". Infine, lo scopo del bp di una start up non è quello di impostare solo le strategie di vendita, ma soprattutto di immaginare il percorso dall'idea al progetto, l'organizzazione del lavoro e la soglia oltre la quale ci si espande o si chiude. Insomma, assolutamente a favore del bp.
E noi? Che considerazioni possiamo fare? Io penso che il bp sia più utile come processo che come documento finale, visto che il documento non è mail finale, ma un work in progress.
martedì, aprile 12, 2011
giovedì, marzo 31, 2011
I 5 sistemi per passare sicuramente inosservati
Tutti dicono di voler emergere tra i concorrenti e di distinguersi in un mercato sempre più affollato, eppure molte aziende sembra che facciano apposta a diventare anonime, banali, trasparenti e a confondersi in mezzo a mille altre.
Come? Ecco un ironico articolo di Marketing Profs Daily Fix che lo spiega. Ve lo riassumo:
•Scegliere un nome aziendale che non significa nulla, come Global Service (da una ricerca in Infoimprese ce ne sono 1737 in Italia, figuriamoci nel mondo); nel mio nuovo libro un paragrafo parla proprio di come individuare un nome vincente per la propria azienda (o il proprio prodotto);
•Descrivere la propria azienda nel modo più generico possibile (esempio reale: XYZ è un provider di Soluzioni di Business impegnato a realizzare lo sviluppo e l'innovazione per le aziende Clienti- secondo voi che cosa fa questa azienda? Chi risponde esattamente riceverà in omaggio una copia del mio ultimo libro);
•Usare uno slogan insignificante: "Trasformiamo il tuo prodotto in business!" "Persone in grado di fare accadere le cose" - quest'ultima è spettacolare: vorrei ben vedere persone che non fossero in grado di fare accadere niente (anche se a volte meglio il niente che i danni);
•Guardare cosa fanno i concorrenti e fare esattamente la stessa cosa; il concorrente ha il sito con le animazioni e le foto che girano? Lo voglio anch'io. Propone lo sconto eccezionale del 10%? Buona idea, adesso faccio subito una circolare;
•Cercare di piacere a tutti e di servire tutti i mercati; però "You can't be all things to all people" diceva Al Ries. Se vuoi emergere devi prendere una posizione, diventare uno specialista in qualcosa e pazienza se non tutti potranno essere tuoi clienti. Invece se vuoi diventare anonimo, scegli di essere un generalista, di quelli che fanno un po' di tutto: va a finire che la gente si convince che non sanno fare (bene) niente.
lunedì, marzo 28, 2011
lunedì, gennaio 03, 2011
10 applicazioni per collaborare in ufficio
SlideShare: condividere o visualizzare presentazioni
SlideShare è un sito che consente di caricare una proprie presentazioni, documenti o video, per condividerli. Il suo punto di forza è rappresentato dal fatto che è un servizio molto frequentato, e questo significa che attraverso la ricerca è possibile trovare moltissime presentazioni, o avere un bacino di pubblico notevole per le proprie.
Figura 1: SlideShare

Weekplan: monitorare impegni e scadenze
WeekPlan è una piattaforma per gestire la propria settimana attraverso l'aggiunta veloce di impegni associabili a un giorno. Basta scriverli nello spazio superiore, e in più sono eventualmente spostabili attraverso il semplice trascinamento col mouse nel pannello di controllo. Per segnare una scadenza come completata basta cliccarci sopra.
Figura 2: Weekplan

TitanPad: la scrittura collaborativa
TitanPad è un sito dove, anche senza registrazione, si possono scrivere documenti di testo, seppur senza formattazioni particolarmente ricche. L'apposito spazio nella barra sulla destra consente di gestire la condivisione dei documenti, invitando nuovi collaboratori, e i testi inseriti da ciascuno compariranno con un diverso colore.
Figura 3: TitanPad

Huddle: gestire progetti in team
Huddle è un servizio che permette di creare delle aree di lavoro, e su di esse poter caricare file, impostare scadenze o fissare riunioni. Dal proprio pannello di controllo si può visualizzare il quadro complessivo con le relative notifiche e una sintesi delle ultime attività, o creare una nuova area di lavoro.
Figura 4: Huddle

Lovely Charts: diagrammi e mappe mentali
Lovely Charts è un'applicazione che permette di aggiungere su uno spazio bianco gli elementi tipici di schemi e diagrammi, come riquadri o frecce, o altre forme tra le numerose che si possono sceglere dal menu laterale. Per navigare all'interno del foglio basta avvicinare il mouse ad un bordo per fare comparire una freccia.
Figura 5: Lovely Charts

Mindmeister: condividere mappe mentali
MindMeister è un servizio che consente di realizzare mappe mentali partendo da uno spazio vuoto ed aggiungendo i vari elementi mediante una grafica intuitiva. Per navigare nello spazio basta trascinare il mouse, mentre per aggiungere un nuovo elemento si può utilizzare il menu laterale cliccando due volte cu ciò che si vuole inserire.
Figura 6: Mindmeister

DimDim: videoconferenze al volo
Dimdim è un'applicazione che permette di creare conferenze, anche video, avviabili immediatamente o programmabili per il futuro. Nel menu di sinistra vengono offerti gli strumenti di condivisione attivabili, mentre in quello di destra c'è una chat per poter discutere in diretta con gli invitati.
Figura 7: DimDim

Glasscubes: creare e condividere progetti
Glasscubes è un servizio online che permette di creare delle aree di lavoro, chiamate Workspace, all'interno delle quali poter fissare obiettivi e scadenze da condividere con i propri contatti. Inoltre, la piattaforma cosente anche di comunicare e condividere documenti, modificabili direttamente, e file.
Figura 8: Glasscubes

Nota: spazio libero di condivisione
Nota è un'applicazione online che consente di creare delle pagine, private o pubbliche, dove potersi appuntare in forma libera informazioni. Si possono aggiungere caselle di testo, immagini, frecce, video da YouTube, voci da Wikipedia, link e altro, posizionandoli dove si vuole e spostandoli all'occorrenza.
Figura 9: Nota

Sliderocket: creare presentazioni online
SlideRocket permette di visualizzare e creare delle presentazioni di livello professionale restando online. È possibile importare file oppure iniziarne una nuova direttamente dal sito, dal menu Presentations. Il servizio mette a disposizione un certo numero di immagini predefinite e di temi. Le presentazioni possono essere tenute private o pubbliche.
Figura 10: Sliderocket

fonte: articolo di Alfredo Bucciante del 15 Novembre 2010 (webapp.html.it)
lunedì, novembre 29, 2010
I sette pregiudizi sul lavoro che c'è

Diamond, Mortensen e Pissarides, gli ultimi vincitori del Nobel per l'Economia, forse – si parva licet componere magnis – la spiegherebbero con l'equilibrio dinamico della curva di Beveridge, vale a dire la rappresentazione cartesiana che, in ogni epoca e in ogni realtà, dimostra la difficoltà di far combaciare posti di lavoro disponibili con l'entità dei disoccupati.
Perché questo esercizio è cosa degli uomini e non della matematica. E lo si capisce se dagli assi cartesiani si passa alle persone e agli stati d'animo. Insomma, dietro ai 110mila tecnici meccanici, elettromeccanici, chimici, biologi o biotecnologi di cui le imprese avrebbero bisogno e non trovano c'è l'idea stessa che il paese ha avuto finora del lavoro. La sua idea di cultura del lavoro. Con valori e disvalori. E troppi pregiudizi. Eccoli.
1) Sono lavori di serie B o sottoccupazioni
Non ha senso allevare generazioni con il mito, ad esempio, della laurea in Scienza delle comunicazioni quando si sa che il mercato non è in grado di creare sbocchi occupazionali acconci. Vale più un diploma tecnico che si sposi con le richieste dell'eccellenza industriale del paese. In termini macro, è solo garantendo la base occupazionale a questi settori che si consente al paese di irrobustire il tessuto manifatturiero senza il quale anche il mondo dei servizi perde l'ancoraggio strutturale per svilupparsi.
2) Sono sottopagati
Un saldatore iper-specializzato che magari deve avere qualche rudimento di lingua straniera perché lavora nei cantieri sparsi per il mondo può guadagnare anche 2mila euro.
Non sono pochi gli avvocati che, a inizio carriera, accettano di lavorare per poco più di 5-600 euro, i nuovi entranti sono assai lontani dagli standard retributivi di chi li ha preceduti.
3) Non sono posti socialmente attraenti
È un problema di cultura: spesso le aspettative lavorative di un giovane le fanno ancora famiglie con il mito del bancario e del posto pubblico. O, peggio, della velina, intesa come scorciatoia suprema dell'affermazione sociale. Invece ieri sono arrivate provvidenziali le parole di Ennio Morricone: «Scegliete sempre la professione che vi interessa; senza amore e passione non c'è esito felice. Ma bisogna imparare anche a soffrire». L'Italia deve ancora superare una specie di complesso post bellico, ma lo sta facendo. Non funziona l'ascensore sociale: sale poco, ma soprattutto se scende non riesce a convincere i più che potrebbe anche risalire; in paesi dove il lavoro è sempre "un valore in sé" dietro a un autista ci può essere un ex finanziere, ma dietro a un finanziere di grido ci potrebbe essere un potenziale autista. Senza un particolare stigma sociale.
Il valore legale del titolo di studio spesso rappresenta una trappola sociale: anche chi ottiene a grande fatica una laurea ritiene di avere acquisito il diritto a un posto di lavoro di qualità superiore, ma il mercato la pensa diversamente. Così molti giovani finiscono nel vicolo cieco della disoccupazione giovanile.

4) Non sono formativi
La formazione sarebbe la chiave per facilitare l'incontro tra domanda e offerta ma non funziona.
L'apprendistato dovrebbe diventare la forma contrattuale principale per l'assunzione dei giovani e tradursi nel vero contratto d'ingresso nel mondo del lavoro, agevolato per l'impresa e proficuo per il lavoratore che aumenta il suo rating professionale con lo scorrere dei mesi. È stato fatto molto per diffonderlo, ma ancora adesso è aperto lo scontro tra chi deve organizzare la formazione, fatto che blocca l'appetibilità e la riconoscibilità sociale di questi contratti.
La formazione potrebbe aiutare le piccole imprese, le più sofferenti nella ricerca di tecnici: non sono in grado di formarli al loro interno e si aspetterebbero scuole o enti di formazione più efficienti. D'altro canto, anche per il potenziale lavoratore la formazione è tutto.
Le imprese continuano a chiedere giovani con esperienza, una antinomia che crea frustrazione anche nei candidati migliori: se nessuno li assume non possono fare esperienza e se non fanno esperienza nessuno li assume.
Alla fine ciò crea un mercato del lavoro drogato e limitato a chi riesca a entrare nel circolo dei "professionalizzati": le imprese finora hanno preferito la corsa all'accaparramento del "tecnico bravo" tramite i rilanci in busta paga. Non è stata una scelta di sistema lungimirante. Aumentano però le iscrizioni agli istituti tecnici innovativi e questo fa ben sperare.
5) Non sono stabili
Soprattutto per alcune qualifiche del terziario, cresce la consapevolezza che si tratta di "esperienze" lavorative da abbinare a fasi limitate della propria vita: alcune occupazioni possono essere sempre più considerate fasi di integrazione al reddito, legate a periodi brevi della propria vita attiva.
6) Sono «old economy»
La manifattura, come anche l'agricoltura, cerca lavoratori in grado di assecondare rapidi mutamenti di business coniugati con l'innovazione. Le nuove tecnologie, legate allo sviluppo di internet ma anche all'espansione di una industria eco-compatibile creano professionalità ricercatissime e spesso incardinate su qualifiche "vecchio stile" declinate in modo moderno.
Se questo passaggio epocale viene ben comunicato ciò rende più attraente l'opportunità d'impiego anche per i giovani. È un problema delle imprese, è un problema delle strutture pubbliche e private che presidiano lo snodo dell'incontro tra domanda e offerta.
7) Non si vedono
Non funziona l'orientamento scolastico che fa comprendere a ciascuno le proprie attitudini professionali. Non è diffusa la pratica del "bilancio delle competenze" dal quale trarre indicazioni sul proprio futuro occupazionale.
In Italia solo il 5% dei giovani dichiara di "vedersi" occupato in un lavoro che comporti attività manuali mentre, ad esempio, in Svezia risponde allo stesso modo il 40% dei loro coetanei.
Non c'è il sigillo culturale negativo che invece in Italia si fatica a cambiare: eppure da noi la manifattura è strategica e predominante (siamo il secondo paese d'Europa), in Svezia marginale e poco incisiva. Un paradosso. Uno dei tanti in questa "disunione europea".
lunedì, novembre 01, 2010
Cosa sono gli RSS?
la giornata OPTA, il progetto della Regione Emilia Romagna, Aster e Unioncamere Emilia Romagna, mi ha spinto a lavorare di più sulle ICT.
Primo passo importante, dare un senso ad alcuni dei misteriosi concetti che ritroviamo su internet.
Voi sapete cosa sono i FEED RSS? Quel simbolo arancione che troviamo spesso nei siti e nei blog?

Per restare aggiornati dobbiamo andare a controllare i siti direttamente e se non ci sono novità abbiamo solo perso tempo. Con i feed RSS, succede il contrario, se vengono pubblicate delle novità, ci avvisano.
Fantastico no?
Per capire bene come funziona, guardatevi il video.
Donne e tecnologia non è un ossimoro!
venerdì, ottobre 22, 2010
WOMENOMICS: QUANDO LE DONNE FANNO L’ECONOMIA

Se Lehman Brothers fosse stata invece Lehman Sister sarebbe cambiato qualcosa?

«Nel nostro Paese – ricorda Paola Profeta – si assiste ad un grande paradosso. A differenza di quanto avviene ad esempio nei Paesi scandinavi, le donne italiane, infatti, pur stando di più a casa (il tasso di disoccupazione femminile è tra i più alti in Europa) fanno meno figli. I pregiudizi e gli stereotipi permangono. Ad esempio, il concetto di maternità, che secondo le aziende crea ancora ostacoli alla carriera delle donne, è ancora preponderante su quello di genitorialità. I primi segnali di ripresa però sono incoraggianti. Nella “guerra dei talenti” le donne hanno buone carte in mano per superare il divario di genere, perché hanno delle performance scolastiche sempre migliori e conquistano sempre più posizioni nel mondo del lavoro».
Per saperne di più: http://2010.festivaleconomia.eu/
mercoledì, ottobre 20, 2010
domenica, novembre 22, 2009
La nuova collezione di borse uniche ed esclusive di Sol Gabriel
mercoledì, ottobre 21, 2009
IL SIGNIFICATO DEL NOBEL / Quando il mercato non è tutto
Elinor Ostrom Nobel per l'Economia 2009
È la prima volta che il Premio Nobel per l'Economia viene assegnato a una donna
Elinor Ostrom è stata premiata con Oliver Williamson per i loro studi sulla governance dell'economia. Motivazione: "per aver dimostrato come la proprietà pubblica possa essere gestita dalle associazioni di utenti". Nata nel 1933, Elinor Ostrom è docente universitaria presso la facoltà di scienze politiche dell'Università dell'Indiana. È inoltre ricercatrice senior di teoria politica e analisi delle politiche, nonché direttora del centro studi sulla diversità istituzionale.Ha ricoperto numerose cariche universitarie e non solo. Innumerevoli i riconoscimenti e le pubblicazioni a suo nome.

Dal Sole 24 ORE ho prelevato questo articolo
Nell'anno dell'esplosione della crisi finanziaria globale, arrivano due chiari messaggi dall'assegnazione del Nobel per l'economia a Oliver Williamson ed Elinor Olstrom: uno per i policy makers e l'altro per la ricerca sociale. Ai primi viene ricordato che l'uso del mercato ha un costo; che l'efficiente scambio dei diritti e delle promesse contrattuali sul mercato dipende dalla qualità del disegno istituzionale e delle regole che lo governano; che vi sono valori collettivi che non possono essere soddisfatti tramite il mercato. Agli scienziati sociali è ribadita la centralità dell'approccio interdisciplinare ai confini tra economia, diritto e scienza politica. La teoria economica deve abbandonare ogni pretesa di egemonia culturale. Ma la ricerca di buone regole e istituzioni non può fare a meno di una valutazione preventiva dei loro effetti sui comportamenti dei diversi attori.Da entrambi i punti di vista, dunque, è particolarmente importante che il premio Nobel sia stato assegnato a due studiosi che, pur lavorando con gli stessi strumenti concettuali dei teorici più liberisti della New Political Economy, più e meglio di altri hanno saputo evidenziare, invece, i limiti del mercato e l'importanza di buone istituzioni pubbliche.Oliver Williamson, ideatore del filone della New Institutional Economics, ha mostrato come uno dei più pervasivi fallimenti del mercato derivi dall'esistenza di rilevanti costi di transazione. Questi sono dovuti alla incompletezza dei contratti e alla scarsa verificabilità di molte promesse. Per affrontare transazioni di mercato complesse, allora, i soggetti economici devono sostenere rilevanti costi, la cui dimensione dipende anche dalla qualità della regolazione del mercato. Quando l'incertezza sottostante una data transazione è molto elevata, il mero ricorso al mercato può generare assetti inefficienti e deprimere forme di investimento innovativo. Per questa ragione, accanto agli scambi di mercato, emergono soluzioni istituzionali e organizzative basate su relazioni gerarchiche di autorità, come avviene all'interno dell'impresa. Ai fini dell'efficienza e della crescita economica, le relazioni di autorità contano quanto il mercato, anzi il mercato - per funzionare bene - ha bisogno di autorità e di buona governance. Una teoria applicata non solo alle imprese e ai modelli di governo delle stesse, ma anche all'organizzazione dello stato, alle forme di federalismo, al decentramento efficiente, con conclusioni eterodosse, ad esempio, rispetto al favore fino a poco tempo fa imperante per misure di radicale privatizzazione di funzioni e servizi pubblici.Letta con le lenti della crisi finanziaria, la teoria di Williamson ci stimola così a guardare al mercato e alla sua governance con il dovuto disincanto, senza riporre ingenua fiducia nelle naturali virtù dell'autoregolamentazione, con l'obiettivo piuttosto di ridurre la potenzialità distruttiva dei conflitti di interesse.Il contributo di Elinor Ostrom affronta analoghi problemi di incompletezza e opportunismo, sebbene da una prospettiva diversa, derivante anche dalla sua formazione di political scientist. La Ostrom, in particolare, analizza gli effetti dell'incompletezza dei diritti proprietari sull'allocazione delle risorse sul mercato. Anche quando i diritti di proprietà sono debolmente definiti - come nel caso dei beni pubblici o dei beni a proprietà comune (commons) - possono emergere forme di opportunismo, in presenza di un divario tra benefici privati e costi sociali. L'esempio più evidente è quello dei beni comuni come l'aria, l'acqua, il suolo, l'uso delle risorse ambientali in generale. Per questi beni, il mercato lasciato a se stesso finisce per generare allocazioni inefficienti o, peggio, la dissipazione delle risorse.Soggetti razionali tenderanno ad appropriarsi dei benefici derivanti dall'uso non cooperativo delle risorse ambientali, scaricandone i costi sociali sugli altri soggetti. Un tema diventato di drammatica attualità nel caso dei beni comuni globali, quali l'atmosfera minacciata dai gas climalteranti. La Ostrom ha in particolare studiato le forme alternative di governance dei beni comuni, dalla gestione pubblica diretta alla privatizzazione, dalla regolazione amministrativa alle politiche di tassazione, evidenziano meriti e rischi delle diverse soluzioni istituzionali. Ha così insegnato a tutti noi che i luoghi e i beni dove le persone vivranno, lavoreranno e passeranno il tempo libero nel prossimo futuro saranno inevitabilmente governati e amministrati da sistemi misti di proprietà collettive e individuali.Il comun denominatore degli studi di Williamson e Ostrom, in conclusione, risiede nel sottolineare la complementarietà tra mercato e governo o, se si vuole, tra incentivi e regole, per quelle transazioni e per quei beni che i meccanismi di scambio non riescano ad allocare e a tutelare in modo efficiente. Il sapere degli economisti, dunque, ha ancora molto da insegnare agli attori politici e agli altri scienziati sociali. Soprattutto quando rifugge da facili semplificazioni e quando aiuta a disegnare istituzioni e regole consapevoli dei fallimenti del mercato.
domenica, maggio 17, 2009
mercoledì, maggio 13, 2009
venerdì, aprile 03, 2009
Le ceramiche di nhandeara 17 -24 aprile
I gioielli di Marcia Vieira a Tramando



Tramando presenta
sabato 4 aprile 2009 dalle ore 18:30 in poi.....
JOIAS DO BRASIL di Marcia Vieira
Gioielli etnici dall'Amazzonia brasiliana
" Il segreto della nostra foresta amazzonica dove tutto è riciclabile, dal seme alla radice.
Così è nata l'idea di questa collezione di bigiotteria esclusiva brasiliana,
con un stile etnico ma raffinato, dove il design e la ricerca dei materiali
hanno anche una "coscienza" ecologica e sociale.
Questi gioielli sono fatti di semi di frutti tropicali come: acai, cocco, jarina, jupati,
nomi spesso sconosciuti in occidente ma che per noi rappresentano la quotidianità."
Marcia Vieira
La presentazione sarà accompagnata da un aperitivo e musica brasiliana.
Tramando Borgo Pinti, 6r - 50121 Firenze - Tel / Fax (+39) 0550112117 www.tramando.it