martedì, ottobre 10, 2006

Lobby pour femme.


Riporto un articolo di Maria Grazia Meda da D di Repubblica.

Le manager francesi scoprono i network.
Obiettivo: sfondare insieme il soffitto di vetro

La chiamano Womenomics: un neologismo apparso sull’inglese The Economist per spiegare che nel mercato globale del XXI secolo i “giganti” dell’economia non saranno solo la Cina, l’India e il Brasile, ma anche l’esercito trasversale delle donne. In futuro insomma le donne emergeranno come classe dominante che giocherà sulla scacchiera economica globale.
Sarà.
Per ora le statistiche dicono il contrario. «Quando entrano nel mondo del lavoro pensano di poter smuovere le montagne», dice la sociologa francese Bénedicte Bertin-Mourot, «sono donne giovani, brillanti e pluridiplomate che vogliono tutto, una buona carriera e una bella famiglia. Poi arrivano a 35 anni e staccano il piede dall’acceleratore». Bertin-Mourot dirige un laboratorio di ricerca al Cnrs (Centre National Recherche en Sociologie) dove viene monitorata l’evoluzione di carriera delle dirigenti francesi. I risultati delle sue indagini puntano sempre nella stessa direzione: ancora oggi il funzionamento delle principali aziende è pensato dagli uomini per gli uomini, ai quali non interessa rivoluzionare un modello ormai istituzionalizzato. Così, quando le donne si trovano sulla testa il classico soffitto di vetro rinunciano alla scalata. «Eppure è necessario pensare il lavoro diversamente», sottolinea Bertin-Mou- rot, «perché la nostra società non può più permettersi di privarsi del capitale umano rappresentato dalle donne». Questa rivoluzione nel mondo del lavoro non avverrà più con nuove manifestazioni in piazza; piuttosto si sta costruendo in sordina grazie allo sviluppo di una miriade di network tutti fatti di donne.
L’idea viene dai Paesi anglosassoni dove l’arte di coltivare le relazioni e di creare gruppi di influenza è costitutiva del mondo del lavoro.
Ma in Francia è un fenomeno che cresce rapidamente. «Siamo sempre state molto reticenti a riunirci in gruppo», riprende Bertin- Mourot, «forse a causa dell’immagine relativamente negativa che abbiamo del femminismo vecchio stampo. Nella nostra società sfacciatamente individualista gran parte delle donne si chiede a cosa serva riunirsi con le sorelle». Non è più così.
Avivah Wittenberg- Cox, presidente dell’Epwn (European Professional Women Network) non ha dubbi: «I network servono a creare una rete di legami dove business e savoir vivre si mescolano». Fondata nel 1996, questa rete raccoglie 10 mila soci in tutta Europa, di cui un terzo sono donne francesi. Pensato esclusivamente per donne professioniste, l’Epwn organizza una miriade di attività tra cui workshop su temi come l’avanzamento di carriera o una migliore gestione del tempo oltre a dibattiti e incontri con donne che stanno sopra il soffitto di cristallo. Pur non funzionando come un vero centro di potere, l’Epwn permette alle giovani donne in carriera di conoscersi e scambiare informazioni ma anche di tessere dei legami in ambito professionale al di fuori della propria azienda. «Il networking è importante. Ancora oggi mentre gli uomini vanno a una colazione di lavoro, le donne usano questo ritaglio di tempo per organizzare la spesa o gestire una delle attività extrascolastiche dei figli», sottolinea Aude Zienseniss de Thuin la fondatrice e presidente del Women’s Forum for the Economy and Society che all’inizio di ottobre si è riunito a Deauville per discutere sul tema della responsabilità femminile nell’azienda del XXI secolo. Insomma chi conduce una carriera lavorativa e punta in alto deve trovare il tempo di poter coltivare certe relazioni professionali anche fuori dall’ufficio, ma per una donna sarà molto più difficile trovare questo ritaglio di tempo. Forse è per questo motivo che uno dei recenti incontri di maggior successo organizzato dall’Epwn si intitolava “Life transition”. L’oratrice Agnès Touraine, brillante consulente che siede nel consiglio di amministrazione di una decina di aziende, ha iniziato la sua relazione spiegando che «non si può avere tutto, ma con il giusto approccio si può ottenere molto». Che cosa significa? «È impossibile essere un leader in tutti i campi», spiega, «quindi bisogna scegliere dove vogliamo eccellere accettando la realtà del mondo del lavoro: più si sale nella gerarchia e maggiori saranno gli impegni e il tempo lavorativo. Sono sposata e ho due figli che ho cercato di responsabilizzare: parliamo a lungo e sanno che possono contare su di me per qualsiasi problema, ma i vestiti, la cartella e i quaderni se li comprano da soli». Non solo. «Mangiano quantità industriali di cornflakes perché capita spesso che in casa non ci sia nient’altro per la prima colazione», conclude scherzando. L’importante è non arrendersi. Touraine al networking dedica circa tre ore alla settimana perché «oggi è importante mostrarsi, scambiarsi i biglietti da visita e le rispettive esperienze non solo per fare blocco ma per fare business ». Anche Laurence Parisot - presidente del Medef, la confindustria francese - dedica regolarmente del tempo ad alcuni network. Il risultato è che allargando il suo giro di conoscenza ha offerto a delle donne alcuni posti chiave del Medef. «Ma non si tratta di “discriminazione positiva”», commenta Caroline de la Marnierre, presidente di Capcom, agenzia di comunicazione per le società quotate in Borsa. «In Europa il tasso di donne presenti nei consigli di amministrazione e nell’esecutivo delle principali aziende è inferiore al 5%: non solo non è rappresentativo della realtà del mercato del lavoro ma è inaccettabile. E per far cambiare le cose ci vuole una piccola spinta. Credo che le donne non aspirino tanto alla parità quanto a una maggiore responsabilità nei posti chiave». De la Marnierre, anche lei molto attiva in alcune reti, ha istituito un premio per le aziende con la migliore politica di promozione delle donne basandosi sui risultati di un’inchiesta condotta presso le principali aziende mondiali, sponsorizzato dalle società Christian & Timbers e Ricol, Lasteyre & Associés. I risultati dell’indagine evidenziano l’assenza flagrante di donne nei CdA e soprattutto nell’esecutivo. Stranamente la maggior parte non è interessata a risolvere il problema “alla norvegese”, cioè correggendo le disparità nei consigli di amministrazione con una nuova legge sulle quote rosa. Nei network al femminile dell’Europa del sud si preferisce “militare” con lo scambio di indirizzi, con amicizie che nascono e si sviluppano durante iniziative come il «Last Thursday »: un aperitivo informale l’ultimo giovedi del mese in un bar elegante del centro parigino dove le executive women parleranno di affari ma anche del miglior corso di pilates. Anche il Women’s Forum è nato così: un piccolo gruppo di donne, composto dai grandi nomi dell’establishment (come Anne Lauvergeon, chairman di Areva, leader mondiale del nucleare controllata dallo Stato, Mercedes Erra, presidente dell’agenzia pubblicitaria Euro Rscg, Laurence Parisot e Anne Méaux) ha iniziato a riunirsi per alcuni mesi a casa di Aude Zienseniss de Thuin per riflettere sul futuro del management. E nel giro di un anno ha creato un appuntamento di grande importanza. Senza dimenticare che a ogni nuovo incontro si mette in moto la rete dei contatti: «Le donne della mia generazione che occupano posti chiave sono solidali tra loro e considerano un dovere mettere la loro rete di conoscenze a disposizione delle colleghe che ne hanno bisogno», conferma Anne Méaux, presidente di Image 7 che lavora con le principali aziende francesi quotate in Borsa. «E infatti», riprende, «con un gruppo di persone e il sostegno di Laurence Parisot abbiamo creato l’associazione Force Femmes destinata ad aiutare le donne over 45 a reintegrarsi nel mondo del lavoro». Secondo lei è compito delle donne ripensare a come sarà l’azienda del XXI secolo per proporre delle soluzioni che tengano conto della femminilizzazione del lavoro. Credo che oggi dobbiamo ancora risolvere un problema di mentalità», dice, «a parità di curriculum si chiede sempre alle donne di essere più competenti. Ad esempio, oggi i miei clienti mi chiedono spesso di aiutarli a trovare una rosa di candidate per un consiglio di amministrazione. Un ottimo segnale no? Eppure ogni volta che propongo delle donne squadrano i curriculum e commentano con tono semiserio “non è esattamente Einstein’’. E io ribatto “ma l’uomo che avete nominato prima nel vostro CdA era Einstein?’’. Ecco, le donne eccellenti probabilmente non hanno bisogno di una mano, ma i network serviranno a far avanzare le donne normali. Né più né meno dei loro colleghi maschi».

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